
La pittura visionaria di Georgia O’Keefe
Quando nel 1916 Alfred Stieglitz, famoso gallerista e fotografo, vede per la prima volta gli acquarelli di Georgia O’Keefe, sua futura moglie e musa, esclama: “Finalmente un’artista donna!” Sarà il principio di un sodalizio artistico tra i più importanti del secolo Novecento.

Georgia O’Keefe nasce nel 1887 nello stato del Wisconsin, seconda di sette figli. I suoi genitori, emigrati dall’Irlanda, allevano bestiame in una fattoria. Molto determinata fin da piccola, a 12 anni decide di voler diventare una pittrice, ispirata dai colori del paesaggio in cui cresce. Inoltre è pervasa da un forte spirito di emancipazione, a tratti spigolosa nel carattere, rifiuta di indossare il corsetto o di rinchiudersi in un matrimonio scontato per inseguire il suo sogno in un’epoca in cui alle donne era concesso veramente poco. La sua famiglia per fortuna appoggia le sue aspirazioni.

Quindi nel 1905 si iscrive all’Istituto delle Arti di Chicago poi prosegue gli studi accademici a New York. A lezione le dicono: “Diventerai una grande pittrice ma probabilmente finirai per insegnare pittura in una scuola per ragazze.” – Ed è proprio quello che succede. Georgia trascorre un periodo nel Texas come insegnante di belle arti. In qualche modo una sua amica, Anita Pollitzer, riesce a far recapitare i suoi quadri ad Alfred Stieglitz; è la svolta della vita.

Lui organizza subito una mostra personale alla prestigiosa galleria 291 sulla Fifth Avenue e la introduce nell’ambiente dell’avanguardia newyorkese. E’ un periodo molto fervido in cui si sviluppa il Modernismo letterale e pittorico. La O’Keefe abbraccia la tecnica ad olio utilizzando grandi tele dove impressiona soggetti floreali di velato erotismo, con gli anni sempre più esplicito fino a sottolineare eleganti dettagli che rievocano l’anatomia femminile.

A proposito di queste opere scrive:
“Nessuno guarda davvero un fiore, perchè sono così piccoli che passano inosservati qui in città. Allora mi sono detta: dipingerò un fiore ma così grande, che anche i frettolosi abitanti di New York lo noteranno”.

Stieglitz divorzia dalla moglie per risposarsi con lei che diventa il soggetto preferito delle sue fotografie in bianco e nero. I nudi, i ritratti del suo volto, incorniciato dalle mani affusolate o dai capelli folti neri, diventano celeberrimi.

La relazione tra i due però non è idilliaca. Per prima cosa c’è la differenza di età, lui è più vecchio di 24 anni, è il tipico socialite, tutto preso dal lavoro ed esclude di avere figli da Georgia perchè pensa che il ruolo di madre la distrarrebbe troppo dalla pittura. Lei invece, da spirito libero, ama la solitudine, detesta il pomposo chiacchiericcio dei circoli in voga. La grigia metropoli le va stretta, vuole rivivere il paesaggio della sua infanzia, respirare nuovamente sulla pelle la natura incontaminata. Così, decide di partire per l’Ovest, verso il New Mexico, una terra selvaggia e affascinante.


Qui, il deserto polveroso, i grandi altipiani, ispirano i quadri astratti dai colori caldi. Si mette a collezionare teschi di animali e conchiglie che recupera tra le dune e gli inserisce anche nei suoi dipinti, come archetipi di sciamana tradizione.

Nel suo grande ranch non ha bisogno di etichette, cavalca libera col suo cappello da cowboy e può dedicarsi anima e corpo al suo più grande amore, la pittura. Molti dei suoi amici la raggiungono per vivere un pezzetto di quella vita avventurosa, Igor Stravinski, Martha Graham, Carl Jung, D. H. Lawrence. Bevono tequila e fanno bagni di sole mentre scrivono o dipingono.

Nel suo personalissimo paradiso immerso nel deserto, vivrà serena fino alla soglia dei cento anni. Oggi la sua casa studio è diventato il Georgia O’Keefe Museum in Santa Fe, a testimonianza della significativa impronta che ha lasciato questa grande pittrice della cultura americana nel mondo. Oltre a questo, è la donna dei record: uno dei suoi dipinti, White Flower N.1, è stato battuto all’asta da Sotheby per 39,5 milioni di dollari. Nessuna artista era mai riuscita in questa impresa, tuttora non superata.


“Ho delle cose nella mia testa che non sono come quello che qualcuno mi ha insegnato, forme e idee così vicino a me, così naturali per il mio modo di essere e pensare..”









