
LA PRIMAVERA DI BOTTICELLI: SIMBOLI E SIGNIFICATO DEL DIPINTO
Una delle opere più famose al mondo, è un emblema del Rinascimento Italiano ma soprattutto simbolo di prosperità e bellezza.
Sandro Botticelli, illustre pittore fiorentino alla corte dei Medici, cominciò a realizzare questo quadro nel 1478 e lo finì quattro anni dopo inserendolo nella sua serie mitologica assieme alla Nascita di Venere.
Di ispirazione Leonardesca, è una scena idilliaca, dipinta su legno di pioppo, dove predomina l’armonia e la cura maniacale per i dettagli, a cui gli studiosi attribuiscono diversi significati, tutti pervasi da un alone di fascino misterico. Alcuni sostengono rappresenti un’allegoria del matrimonio, quello tra Lorenzo de Medici e Semiramide Appiani, altri ci vedono la celebrazione per la nascita di un nuovo erede dei Medici, Giulio, futuro Papa Clemente VII. Al di là delle differenti ipotesi, abbiamo la certezza di un inno pittorico all’Amore espresso attraverso la rinascita della Natura in tutto il suo trionfo.

Lo scenario si apre su un prato fiorito in cui compaiono nove figure della mitologia greca immerse in un bosco di aranci e alloro, molto probabilmente riconducibile al Giardino delle Esperidi. Al centro, incorniciata da una nicchia di rami e foglie intrecciate, sorge Venere, Dea della Bellezza e dell’Amore, dal viso angelico, castamente vestita di veli e mantelli, mentre con uno sguardo dolcissimo, accentuato dal capo lievemente inclinato, si rivolge diretta verso l’osservatore, come a voler enfatizzare la sua presenza, resa ancora più magnetica dal palmo della mano in bella vista. Da notare altresì i ricami finissimi sugli abiti che culminano con orli impreziositi da una fila di perle. Più in basso, possiamo ammirare un altro dettaglio estetico delizioso, l’ennesimo all’interno di questa opera, dato dalle sue calzature, un paio di sandali color oro, finemente intessuti.

Sopra di lei vi è Cupido, nelle tipiche vesti di putto alato, pronto a scoccare il suo dardo di passione. Alla sua destra, spunta dagli alberi Zefiro, impersonificazione del Vento dell’Ovest proteso verso la Ninfa Cloris, dalla quale bocca spuntano fiori; ella appunto, rimanendo incinta del dio, si trasforma in Flora, la Dea della Fioritura e della Giovinezza, rappresentata da una bellissima fanciulla dagli occhi azzurri, ricoperta di ghirlande da capo a piedi. Ella accenna un sorriso di pura lietezza mentre si prepara a dispensare rose dal suo grembo.

A sinistra, le tre Grazie, divinità benefiche prossime a Venere, mostrano le loro forme nude e sinuose, appena celate da veli trasparenti, mentre danzano in cerchio in segno di giubilo. Le loro raffinate acconciature, fatte di trecce perfettamente avviluppate su gioielli, ci regalano una fotografia sui costumi femminili dell’epoca. Aglalia: dea dell’Ornamento e dello Splendore, Eufrosine: dea di Gioia e Letizia, Talia: dea di Prosperità e portatrice di fiori; insieme incarnano la perfezione umana a cui tendere, nonchè le qualità essenziali di una donna nella visione neoplatonica. Secondo lo studioso Edgar Wing, le loro mani intrecciate simboleggiano un triplo ritmo di generosità (offrire, accettare e restituire). A testimonianza di ciò, gli antichi Romani usavano l’espressione: gratias agere, ovvero “rendere grazie“.

Per finire, Mercurio, figlio di Giove e della ninfa Maya, messaggero degli Dei e protettore dei sogni, è qui rappresentato con indosso un mantello di velluto rosso, la spada, l’elmo e i calzari alati. In mano porta il suo scettro: il Caduceo, costituito da due serpenti intrecciati che nel dipinto sfiorano le nuvole del cielo al di là degli alberi, come a voler scacciare una possibile burrasca. Il bastone della Sapienza, chiamato anche Colubro di Esculapio, era la manifestazione fisica dell’equilibrio nel governare tutte le cose. Quindi Hermes ha in questa scena il compito di mediatore della volontà divina presso gli uomini, una sorta di presenza beneditrice di tutti i protagonisti raffigurati.

In definitiva, questa è un’opera viva in continua evoluzione in cui Zefiro e Cloris rappresenterebbero la forza dell’amore sensuale e irrazionale, conseguente fonte di vita (Flora) la quale, tramite la mediazione di Venere ed Eros, si trasforma in qualcosa di più perfetto (le Grazie), per poi spiccare il volo verso le sfere celesti guidata da Mercurio.
La vegetazione, il cui colore scuro è in parte dovuto all’alterazione del pigmento originale, è rischiarata dall’abbondanza di fiori e frutti, un dovizioso erbario botanico dipinto con maestria chirurgica. Sono state riconosciute ben 138 specie di piante diverse, tra le quali riconosciamo narcisi, ranuncoli, violette, iris, garofani, nontiscordardimé, fiordalisi, margherite, aquilegia, borragine, giacinto selvatico, fiori d’arancio.

La Primavera del Botticelli, mai lontana dal suo luogo d’origine, è conservata presso i Musei Uffizi di Firenze che mettono a disposizione degli utenti non solo un’ampia galleria fotografica ma anche la possibilità di un viaggio virtuale all’interno delle sue stanze al fine di divulgare e far conoscere le sue opere più famose, tra cui naturalmente anche questa. Indirizzo web qui allegato:




6 commenti
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