
STORIA DEL MANDALA TIBETANO
Mandala in lingua sanscrita significa “circolo, disco, anello magico”, termine antichissimo datato intorno al 1500 AC e relazionato agli astri, il Sole e la Luna. Secondo il buddismo, è una rappresentazione geometrica del cosmo, dell’universo intero. Originario dell’India, si diffuse in tutto l’Oriente per poi arrivare nell’Ovest grazie agli studi di Gustav Jung.

Nella tradizione tibetana, un Mandala è composto da 5 elementi (proprio come un pentacolo) associati ai colori: 1) La terra, giallo: fermezza, lucidità, fiducia. 2) L’acqua, bianco: fluidità, flessibilità. 3) Il fuoco, rosso: sole, calore, vita. 4) L’aria, verde: respiro della terra, scambio, comunicazione, anima. 5) Lo spazio, blu: l’infinito, la libertà.

La pratica dei Mandala permette di immergersi in uno stato meditativo, svuota la mente e rilassa il corpo, al fine di recuperare coscienza del nostro io interiore, diffondendo un senso di calma e serenità. Un’esperienza spirituale che i monaci tibetani chiamano: stato dei sogni ad occhi aperti”: Per questo motivo, il Mandala viene anche detto “diagramma mistico”.

Anche se occorrono anche diverse settimane per realizzarlo, attraverso un meticoloso lavoro fatto con le dita su sabbie colorate, quando un disegno viene terminato, i monaci usano disfarlo in pochi attimi con un colpo di mano, in rappresentazione del sacro concetto di Impermanenza e distaccamento dalle cose materiali.

“Dipingere i Mandala per me, è come pregare”. – Josaku Maeda, artista giapponese

