
VIVIAN MAIER: LA FOTOGRAFA RITROVATA
Avere una passione e coltivarla per tutta la vita, quasi ossessivamente, nel completo anonimato. Vivian Maier non aveva propositi di successo, ha fatto di tutto per passare inosservata, era una persona semplice: una solitaria, persa in mezzo alla folla delle grandi città americane nel boom economico degli anni 50. Eppure è stata attenta reporter del suo tempo, attraverso scatti di straordinario realismo. Mentre lavorava come bambinaia, lei scattava fotografie, non dimenticava mai, prima di uscire di casa, di portare con sé le sue numerose camere. Per le strade che percorreva, amava immortalare quei piccoli dettagli che spesso sfuggono all’occhio distratto. Era come se spiasse la gente, pronta a coglierla in momenti di delicata meraviglia o sorprendente ironia: uno sguardo rubato di una signora ben vestita, un mazzo di fiori che sbuca da una borsa alla moda, le spiagge di Coney Island, un vecchio che vende palloncini, gli operai al lavoro sui grandi grattacieli. Involontariamente si è fatta fautrice della street photography quando ancora questo termine non veniva per niente usato. Ma la cosa più singolare, è che nonostante accumulasse negli anni migliaia di rullini, decide di svilupparne solo pochissimi e di non farli mai vedere a nessuno, di certo per la smodata timidezza e per quel velato timore di essere giudicata. La sua opera è stata scoperta solo per caso nel 2007 grazie ad un giovane intraprendente, John Maloof.

© 2020 Mallof Collection, Ltd
Vivian Maier nasce a New York il 1 febbraio del 1926 da padre americano e madre francese. Nel 1929 i genitori si separano e Vivian va vivere insieme alla madre, da un’amica francese, nel Bronx. L’amica si chiama Jeanne Bertrand ed è una fotografa professionista. E’ lei che le trasmette l’amore per quest’arte. Tra il 1932 e il 1933 decidono di trasferirsi in Francia prima a Saint-Julien, poi a Saint-Bonnet-en-Champsaur. Nel 1938 rientrano negli Stati Uniti. Dopo la seconda guerra mondiale, Vivian torna a Champsaur per mettere all’asta una proprietà che le era stata lasciata in eredità. In attesa della vendita, Vivian, con due apparecchi fotografici a tracolla, decide di percorrere tutta la regione scattando molte foto. Nell’aprile del 1935 rientra in America e si stabilisce a New York. Con il ricavato della vendita immobiliare, si compra una Rolleiflex professionale e viaggia per il Nordamerica. In seguito si trasferisce prima a Southampton e poi a Chicago, dove inizierà a lavorare come baby-sitter.

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Quando arriva a Chicago Vivian ha circa 30 anni e inizia a lavorare per i coniugi Gensburg prendendosi cura dei loro tre figli. La signora Gensburg affermerà in seguito che a Vivian non piaceva fare la tata ma non sapendo che altro fare aveva deciso di intraprendere questo mestiere, lo stesso di sua madre e di sua nonna. Non si è mai sposata, gli uomini semplicemente non le interessavano, non aveva neanche amici, le uniche persone da lei frequentate erano le famiglie per cui prestava servizio. Vivian ha la fortuna di avere un bagno privato in casa dei Gensburg che utilizzerà come camera oscura per sviluppare i suoi negativi.

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Tra il 1959 e il 1960, per sei mesi lascia il suo lavoro e inizia a viaggiare da sola per il mondo, visitando Filippine, Thailandia, India, Yemen, Egitto, Italia e infine ritorna in Francia. Di questi suoi viaggi Vivian decide di non raccontare mai nulla alla famiglia Gensburg nonostante ci fosse un forte legame durato 17 anni. Diventati grandi, i figli dei coniugi Gensburg non ebbero più bisogno di una tata. Allora Vivian si trasferisce da un’altra famiglia ma da quel momento smette di sviluppare i suoi negativi e si da’ alla fotografia a colori utilizzando macchine fotografiche come la Kodak e la Leica.

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Vivian ha un vezzo, ama anche fotografare la sua immagine riflessa negli specchi, sia che si trovi per le strade o nelle sue stanze. Genialmente, ritrae anche la sua ombra, come sfondo su altre immagini come le vetrine dei negozi in centro o angoli nascosti delle città. Non si conoscono tutte le famiglie per cui Vivian Maier ha lavorato ma si è scoperto che nel 1987, quando si trasferisce dai signori Usiskin, porta con sé 200 casse di cartone contenenti tutto il suo archivio personale. Dal 1989 al 1993 Vivian con grande dedizione si prende cura di una ragazza con handicap mentale e in quel periodo tutto il materiale personale viene riposto in un piano rialzato del nuovo datore di lavoro.

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In vecchiaia, Vivian viene a trovarsi in gravi difficoltà economiche e questa volta i suoi effetti personali vanno a finire in un garage preso in affitto. Alla fine degli anni 90 i fratelli Gensburg, con i quali Vivian aveva sempre mantenuto un legame, la rintracciano in un piccolo alloggio economico e la trasferiscono in un grazioso appartamento a Rogers Park, Chicago, vegliando sempre su di lei.
Sul finire del 2008, Vivian ha un incidente, cade sul ghiaccio e batte la testa e viene ricoverata in ospedale. I fratelli Gensburg per garantirgli le migliori cure la fanno trasferire in una casa di cura a Highland Park. Nonostante queste premurose attenzioni, Vivian Maier muore poco tempo dopo, il 21 aprile 2009, senza che né lei né i Gensburg sapessero che due anni prima, a causa degli affitti non pagati, il suo box era stato messo all’asta.

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Per più di 50 anni Vivian Maier fotografa le strade delle città in cui ha vissuto, da New York a Chicago, da Los Angeles a San Francisco. Molte delle sue foto sono anche la testimonianza dei suoi viaggi in giro per il mondo ed i suoi soggetti sono persone che Vivian ha incontrato nei quartieri malfamati delle città.

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E’ il 2007 quando John Maloof compra ad un’asta una scatola di negativi.
«Mentre lavoravo ad un libro sulla storia degli abitanti di Portage Park, una comunità nel Nordest di Chicago, mi sono imbattuto casualmente nell’archivio di Vivian Maier. La serie di eventi scatenata da questa scoperta ha scombussolato non solo il mondo della street photography ma anche la mia vita. Ciò che è cominciato come una sfida personale ha ben presto suscitato l’interesse del pubblico e mi ha portato negli ultimi anni a dedicarmi all’archiviazione e alla conservazione dell’ampia opera della Maier, rimasta sconosciuta per più di mezzo secolo.
Vivian Maier era profondamente interessata a tutto ciò che la circondava. Scopre la passione per la fotografia intorno al 1950 e continua a fotografare fino alla fine degli anni novanta, lasciando un corpus di immagini che comprende più di centomila negativi. Oltre agli scatti, registra anche alcuni filmati amatoriali e registrazioni audio. Fra i suoi soggetti preferiti ci sono persone anziane appartenenti alla comunità polacca di Chicago, vecchie signore in abiti vistosi e il mondo urbano della comunità afroamericana. Si dedica anche a riprendere episodi tipici della società americana, come la demolizione di vecchi edifici che lasciano il posto a nuove costruzioni, le vite sconosciute dei poveri e degli oppressi e alcuni luoghi più caratteristici di Chicago.
Tuttavia, il tipo di fotografia privata realizzata dalla Maier e la mancanza di fiducia nelle proprie capacità fotografiche, consegnano all’oblio la sua collezione di immagini, ed è solo grazie ad una serie di circostanze fortuite che le sue foto sono state ritrovate in un deposito stracolmo di oggetti di tutti i tipi – libri d’arte, ritagli di giornale, filmati amatoriali, spillette elettorali e cianfrusaglie d’ogni genere.
Sono particolarmente affezionato a una citazione estratta da una registrazione audio in cui Vivian esprime la sua filosofia sul senso della vita e della morte.
«Dobbiamo lasciare spazio a coloro che verranno dopo di noi. È una ruota – si sale e si arriva fino alla fine, poi qualcuno prende il tuo posto e qualcun altro ancora il posto di chi lo ha preceduto e così via. Non c’è niente di nuovo sotto il sole».
L’interesse crescente per le immagini di Vivian Maier mi hanno portato a diventare il custode della sua eredità fotografica».
John Maloof

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Un commento
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I could not refrain from commenting. Well written. Raine Gabby Vida